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Visualizzazione dei post da novembre, 2011

la Parola d'inciampo

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C'è stato un tempo in cui sembrava che la Chiesa non volesse incentivare la conoscenza diretta della Sacra Scrittura. Poi, quando anche questo muro culturale si è sgretolato, la privata interpretazione ha moltiplicato i settarismi nel filone protestante, e ha cominciato a fornire ad ogni cristiano la tentazione di farsi un magistero dottrinale proprio. Tentazione alla quale, lo devo ammettere, devo spesso resistere anche io. Proprio ieri un carissimo e cattolicissimo amico mi diceva di non credere affatto nel matrimonio, di non credere di essere fatto per legarsi ad una donna, e di non credere neanche che il matrimonio sia un sacramento, dato che nel vangelo non c'è riportato un episodio in cui Gesù Cristo abbia costituito tale pratica come strumento di Grazia. Ammesso e non concesso che il Messia sia andato alle nozze di Cana senza intenzioni di tracciare una via, e che pure quando fece il discorso "nessuno divida quello che Dio ha unito" (Mt 19,6 e Mc 10,

quando la paura ferma il cuore

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La paura è un'emozione.  Involontaria, irrazionale, istintiva. La paura può arrestare il cuore, in ogni senso. Ma ci può salvare la vita,  facendoci fuggire un pericolo. Avere paura è normale, non averla è sintomo di pazzia. Ci sono tanti tipi di paura, quanti sono i pericoli che esistono in natura, nella società umana e nella nostra psiche. C'è la paura di agire e la paura di subire. C'è la paura della relazione, che è il prodotto di tanti timori:  di non essere capiti, di non essere accettati, di essere traditi nella fiducia. Il problema è dominarla, sottoporla alla nostra gestione razionale, liberarsi dall'intreccio di vincoli emotivi che possono limitare in modo assurdo ed intollerabile la nostra esperienza di vita. La nostra insicurezza, la nostra fragilità emotiva non può arrivare a bloccarci di fronte ai sentimenti affettivi degli altri. Non possiamo paventare chimere di pericoli emotivi latenti, fantasmi improbabili di quello che può

Fede e sentimento

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Recentemente ho avuto la possibilità di fare un momento di riflessione sulla mia storia sentimentale, grazie ad un amico che pazientemente è stato ad ascoltare il racconto di decenni della mia vita. Quello che mi ha colpito è che riguardando me stesso da ragazzo come dall'esterno, ho riconosciuto una peculiare forma mentis che separava l'ambito della spiritualità da quello sentimentale; ed in effetti nei contesti sociali e religiosi in cui ho sperimentato le prime infatuazioni giovanili, vedevo queste emozioni come mero prodotto della mia fisicità. Come se il rapporto di immedesimazione con Dio non potesse ricoprire il mondo dell'attrazione sessuale. E così ho vissuto con estrema prudenza e timidezza ogni rapporto personale con le ragazze, imponendomi una disciplina e una rinuncia che pensavo moralmente corrette. Dalla mia prospettiva attuale, se ho un rimpianto, è proprio di non aver capito a quel tempo che Dio ricopre tutta la realtà della ns. umanità. No