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Visualizzazione dei post da gennaio, 2012

servi inutili

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In queste ore Paola sta morendo.  Non c'è più niente da fare.  Solo la morfina, per arginare l'ultimo muro di sofferenza.  Non c'è più tempo per fare altre parole.  Le possibilità di strapparla dalla disperazione del nulla sono finite.  Dopo anni di confronto sulla prospettiva cristiana dell'esistenza, di nuovo un'anima conclude questo percorso senza risposte.  Dopo anni in cui ho provato a farle capire la gioia e la speranza di riconoscere la presenza di Dio nella mia vita, non è riuscita neanche a credere all'esistenza del Dio-persona, e si è rifugiata nella sterile aspirazione al nulla universale di scuola buddista. Non è la prima volta, e non sarà l'ultima.  La mia vita è costellata di simili insuccessi. Mi viene da fare il paragone con la mia esperienza di naja nelle schiere della Croce Rossa: dopo reiterata formazione nelle tecniche di rianimazione, e pur avendo a disposizione l'unità coronarica sull'ambulanza, mai sono

Pudore religioso

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Testimoniare costa imbarazzo, sacrificio, il rischio di esporsi alla derisione. Per chi è cristiano, è più facile fornire motivazioni razionali e ragionevoli per convincere chi è scettico che certe cose devono cambiare, senza stare a citare santi e madonne e il buon Gesù. Com'è bello essere accettati, essere ascoltati senza pregiudizi, senza dover sostenere la responsabilità della storia della Chiesa. Com'è comodo stare ad aspettare che siano i ns. interlocutori a domandarsi a quale ideale ci siamo implicitamente riferiti, ed aspettare essi capiscano che il nostro discorso non viene dalle sole motivazioni razionali ma c'è un qualcosa che abbiamo volutamente nascosto per evitare imbarazzi. Oggi guardiamo alla figura dei martiri della chiesa antica, e ai  Maccabei, come degli strani. Che bisogno c'è di ostentare la propria Fede. La religione è un fatto interiore, intimo. Si può socializzare solo quando si è sicuri di essere tra fedeli. Gli altri non

L'insufficienza della buddità

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E' vero che quello che ci turba è ciò che ha un potere su di noi, perché noi glielo abbiamo concesso. Non importa che sia un principio ideale, un interesse meschino, la brama per una persona o per un oggetto qualsiasi. Ciò a cui siamo attaccati ha un potere venefico su di noi. Ci turba, ci fa soffrire, ci manca. E tutti i grandi maestri, dal famoso Siddharta a Socrate, Epicuro, Gesù, Gandhi  e altri, ci hanno indicato la via del distacco dalle cose, da noi stessi. Ne hanno fatto una questione di saggezza, di felicità, di senso profondo della vita. La storia non ricorda veramente nessuno che ci sia riuscito completamente. Personalmente ammetto che faccio spesso esercizio su questa via. Ma mi sono accorto che non porta da nessuna parte. Staccarsi dalle cose e dalle persone a cui teniamo ci svuota della nostra identità. Il vuoto non può essere il fine, la risposta. Il vuoto è una condizione preliminare, per poter essere riempiti da qualcosa di nuovo.