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Visualizzazione dei post da settembre, 2017

Buona notizia

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Dunque Gesù girava la Palestina annunciando la buona notizia. La circostanza non è scontata, perché quello che noi chiamiamo Buona Notizia -Vangelo è principalmente il riconoscimento del ruolo di Gesù stesso nel piano di salvezza per l'umanità, che deriva dalla crocefissione e dalla resurrezione. Insomma come dice Paolo in 1 Corinzi 23 noi predichiamo Cristo crocifisso. La Notizia che predicava Gesù invece non poteva essere questa, perché non poteva parlare di ciò che non era avvenuto. Egli annunciava che il Regno di Dio è vicino, e questo è un altro concetto non banale, che richiedeva una catechesi e una pedagogia specifica, che ci è stata tramandata in una serie di parabole che hanno ad oggetto il Regno di Dio. Metafore di tanti aspetti di questo concetto, che definiscono come la presenza di Dio nella nostra vita, piuttosto che qualcosa di escatologico. Non è della fine del mondo che parlava, anche se storicamente l'equivoco del millenarismo è sorto, come testimoniato anche

Testimonianza

“Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” Mt 10,32-33 La questione testimonianza non è affatto pacifica per la Chiesa. C'è chi dà testimonianza con il martirio, c'è chi si preoccupa di richiamare quotidianamente il prossimo alla Buona Notizia, c'è chi evita di parlarne ma cerca di dare un segnale comportamentale, c'è chi ritiene sufficiente qualificarsi come credente all'occasione, chi partecipare solo al rito settimanale. Chi gira tutto il mondo conosciuto come Paolo di Tarso, chi sta in monastero come Teresa del Gesù Bambino. Papa Francesco ha detto la sua su questo argomento in più occasioni. Riporto un estratto giornalistico del 13 giugno 2017: “Sì – sì”, “no – no”: parole decisive, come ci ha insegnato il Signore giacché, ha rammentato Francesco, “il superfluo proviene dal

Quale croce

Un sacerdote egiziano copto, Padre Said di El Mynia, ha celebrato la messa a Crevari, e nella sua omelia ha messo alla luce un'idea che all'inizio mi ha scandalizzato: malattie e persecuzioni NON sono la croce di cui parla Gesù nei vangeli: Mt 16:24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Mc 8:34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Lc 9:23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Detto da uno che vive la persecuzione islamica quotidiana sorprende ancora di più. Tuttavia dopo averci riflettuto diversi giorni posso capire ciò che subito mi sembrava inaccettabile: la croce di Cristo non è ciò che ci capita, ma ciò che scegliamo. Tutti si ammalano, cadono in disgrazia, subiscono torti, prepotenze e

Il figlio dell'amore

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Nella lettera di Paolo ai Colossesi 1,13 troviamo questa inusuale e fortissima definizione di Gesù quale "figlio dell'amore". Non l'avevo mai notata e mi sembra teologicamente perfetta. Anche se ricordo di aver sentito qualificare così anche alcuni bimbi nati fuori dal matrimonio, come per dire che la passione travolge ogni ragionevolezza, in realtà il testo originale parla di un'altro tipo di amore. Mentre la passione viene chiamata in greco "eros" e l'amicizia "filia", il passo citato si riferisce a quella speciale forma di abnegazione per gli altri che in greco viene chiamata "agape" e in latino " caritas ". Gesù è il figlio di questo amore perché Dio è questo amore. Chi segue Gesù, lo imita, e si fa anch'esso figlio di questo amore. Questa è la sfida e il senso di questa vita. Questo il cammino, lo sforzo quotidiano.