La fatica di credere


Il titolo che ho scelto  per questa riflessione è quello di un  famoso libro degli anni  '70 del teologo tedesco Karl Rahner. Naturalmente il problema della fatica di credere lo voglio affrontare da un'ottica molto più  secolare, e precisamente a partire dalla fatica  di vivere.

Io non sono un teologo, e vivo affrontando ogni giorno il  carico di fatica, sofferenza e gioia che le diverse micro-situazioni quotidiane  mi  offrono.

La connessione  tra  questa realtà e l'annuncio religioso è critica, perchè sono abituato a ragionare per cose concrete e non per  miti,  e quindi la lettura della Bibbia come  di qualsiasi altro  testo  sacro mi sembra lontano e favoloso quasi come i libri di Tolkien.

In particolare questo vale per tutte quelle vicende che assomigliano più ai  fumetti Marvel che agli eventi storici che ho studiato:  Elia che vola su un carro  di fuoco, angeli svolazzanti,  trasfigurazioni, etc.

Tra  queste vicende, una in particolare mi ha messo in discussione: la  Resurrezione  del Cristo.

Si tratta  evidentemente di una vicenda da supereroe, che è decisamente fuori  dai parametri di realtà quotidiana.

Per me  la sua importanza è cruciale, in quanto se il fatto avesse la più piccola probabilità di essere vera,  modificherebbe la prospettiva di ogni parola del Cristo a noi tramandata, perchè il suo discorso non sarebbe più solo un notevole contributo alla civiltà e alla eticità dell'uomo - alla pari con i contributi di Socrate, Budda,  Gandhi, etc. - ma la qualificherebbe come messaggio da una dimensione  decisamente al  di  là della realtà comune.

In questa prospettiva,  verrebbe a rovesciarsi il senso della nostra esistenza, perchè la nostra vita quotidiana non sarebbe più la dimensione  unica del "si  vive  solo  una volta", ma verrebbe ridimensionata al ruolo di parentesi preliminare all'accesso alla  Vita Eterna.

Nell'ambito della mia verifica personale sull'attendibilità  del fatto della  Resurrezione, ho tenuto conto sia dei contributi filosofici più famosi, sia della interpretazione psicoanalitica, sia delle testimonianze a  favore e contro a partire da  quelle più  antiche.

In particolare,  ed in estrema sintesi,  ho  tenuto conto, tra i diversi contributi di:

- l'obiezione di Feuerbach,  che ha evidenziato che Dio sarebbe una proiezione dell'io individuale, tanto  da avvalorare il  vecchio  adagio: conoscerai  un uomo se conoscerai il suo Dio.

- l'interpretazione freudiana, per cui Dio è una finzione che nasce dalla  oggettivazione del nostro desiderio di conforto nell'affrontare  la sofferenza psicologica;

- gli scritti rabbinici  e il "Sefer Toledot Jeshu" (libro delle genealogie di  Gesù), che attestano  che il corpo di Gesù fosse stato   asportato dalla tomba e sepolto  nella sabbia da un servo  per evitare che fossero i suoi seguaci  a rubarlo rivendicandole la resurrezione (Robert E.   Van Voorst -Gesù  nelle fonti extrabibliche -  ed. San Paolo 2000);

- la testimonianza dei Vangeli canonici,  che attesta che i  discepoli non  si aspettavano assolutamente alcuna resurrezione,  e che fossero  piuttosto  abbattuti per la  fine del loro Maestro; che quando sparì il cadavere dalla tomba pensarono - proprio come  gli  altri ebrei - all'asportazione da  parte di qualche pio fanatico;  che  anche di fronte  ad apparizioni varie rimasero piuttosto scettici (vedi il famoso S. Tommaso);

-  la vicenda di  Saulo di Tarso, che non apparteneva ai seguaci di Cristo, anzi si sarebbe messo al servizio dei capi della sinagoga di Gerusalemme per  perseguitare - per eresia - i primi cristiani.  Un personaggio  tale, che dalle lettere tramandate risulta piuttosto  intelligente e per nulla fanatico o credulone, ha  in qualche  modo accettato un fatto a  cui non aveva potuto assistere, e  per di più relativo  ad una persona che non  aveva mai  visto  nè viva nè morta;

In questo quadro ho  maturato la convinzione personale che esista una ragionevole probabilità  che il Cristo sia davvero risorto; e  con questo non voglio dire che sia irragionevole ritenere il  tutto la più grossa bufala  della  storia.

Tuttavia  la convinzione che la resurrezione sia un fatto reale l'ho rimuginata  in tempi diversi, e in condizioni  psicologiche diverse - a  volte  più sofferente, a volte più  superficiale  - tanto per escludere che la decisione di accettare questo evento  straordinario  fosse più dettato dal mio bisogno  di credere, che dalla mia razionalità.

A questo hanno contribuito gli incontri personali - in tempi diversi della  mia vita - con tanti testimoni di Cristo che mi sono sembrati  particolarmente attendibili, per cultura e  intelligenza.

In fondo tutto  quello che crediamo, dalle vicende dell'Impero  Romano ai   contributi  scientifici più recenti,  è avvalorato dall'incontro con testimoni che noi riteniamo attendibili, a partire dai maestri di scuola; non esiste altro parametro di verificazione dei fenomeni  che non possiamo controllare di persona.

Ragionare  e confrontare; e poi certe decisioni  uno se le sente dentro; per  questo  si  dice che la Fede è un dono.

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