Tre nozioni di catechismo per atei e agnostici


Cari amici atei e agnostici che mi dite di seguire con interesse e spirito critico la vita della Chiesa cattolica, vorrei proporvi alcune chiavi di lettura del cristianesimo che forse nella normale comunicazione esterna della Chiesa e nei commenti dei mass media non vengono quasi mai posti in rilievo.
Il primo è una precisazione e contestualizzazione dell'idea che il cristianesimo sia la religione dell'amore. Presumo che l'immagine collettiva della religione cristiana sia consolidata su alcune espressioni più conosciute dei vangeli, tra le quali: 
- Giovanni cap. 13 versetto 34 "Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri."
- Matteo cap. 5 v. 39 "Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra".

Ora, questo porta generalmente le persone non credenti a ritenere che il cristianesimo sia principalmente la mitizzazione di una prospettiva esistenziale buonista fatta di stimoli ai bei sentimenti, e quindi una forma di educazione ai pensieri di apertura ai bisogni degli altri, fino ad arrivare agli estremi ad una sistematica teorizzazione della soggiacenza agli altri e all'autorità, che ha portato Marx a concludere che la religione è l'oppio dei popoli.

In realtà il concetto di amore gratuito cristiano è strettamente collegato ad un elemento sostanziale che spesso sfugge: questo controverso personaggio apparso sulla scena pubblica in Palestina circa 2000 anni fa non si è mai presentato come un guru, come un tenutario di una illuminazione in grado di far vivere meglio le persone con insegnamenti buoni e saggi. Insomma, non si deve cadere nell'errore di confondere Cristo con Socrate o con Budda.

Il principale messaggio di Cristo è quello di convertirsi, e NON si può ridurre assolutamente al mero fatto di fare le brave persone. La Sua proposta fondamentale è quella di riconoscere che esiste un Dio-persona, il quale si era già fatto conoscere nella storia del popolo di Israele, e che ha mandato lo stesso Cristo per indicare la via per comprendere la prospettiva escatologica della vita; ovvero in altre parole, per comprendere che questa vita non è che un brevissimo preambolo della vita dopo la morte, nella quale possiamo vivere come esseri umani risorti in comunione con Dio e nella felicità più piena.
Pertanto tutta la questione dell'amore gratuito deriva dal rapporto tra noi e Dio, e solo di riflesso condiziona il rapporto di ognuno di noi con gli altri.
Voi direte: per l'appunto sono credenze mitiche che servono a portare l'uomo a rapportarsi in atteggiamento solidale con la società civile.

Questa non era precisamente la finalità del messaggio di Cristo; del resto Lui sapeva che stava proponendo una prospettiva esistenziale per pochi, e che la maggior parte delle persone si sarebbero fermati ad una esperienza superficiale della Sua proposta religiosa. Il fatto di vivere la quotidianità della vita nella prospettiva che ogni azione ed esperienza vada vista solo come preparazione alla vita eterna è un modo di vivere che solo pochi credenti riescono ad interiorizzare; è una prospettiva scomoda, di rottura, che può creare incomprensioni e separazioni. Del resto uno dei detti meno citati di Cristo è Matteo cap. 10 vers. 34 "Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada."

Quindi l'idea che il cristianesimo sia una filosofia buonista adatta solo ad essere propugnata da ecclesiastici mollicci andrebbe un pò tarata, e così l'immagine che abbiamo di Paolo di Tarso, Francesco di Assisi e altri testimoni di questo messaggio, che non erano così ingenui e sdolcinati come spesso vengono presentati, ma gente dura e intelligente, pronta ad affrontare a viso aperto e con estremi sacrifici personali la sfida con la società del tempo per richiamare la gente alla proposta di Cristo.

La seconda questione è quella dell'etica. Molti ritengono che il nucleo fondamentale della religione sia la teoria del peccato e del perdono. Molti atei sono sbalorditi dai divieti pubblicizzati dalla casta sacerdotale cattolica: niente profilattico, niente rapporti prematrimoniali, niente divorzio e niente aborto, etc. E ritengono che siano i sacerdoti più progressisti alla Don Gallo ad interpretare più autenticamente il bisogno dei credenti di avere una religione moderna; e al contrario stigmatizzano il conservatorismo degli ultimi due papi, colpevoli di aver fatto regredire la comunità dei fedeli alla ritualità medievale.

Purtroppo questo è un tipico esempio della verità del detto per il quale quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito. La Chiesa non sta a perdere tempo puntando in alto le richieste di comportamenti etici, perseguendo una strategia suicida dal punto di vista del marketing religioso, per il puro godimento di rimanere ferma su posizioni di mille anni fa. Sarebbe assurdo. Però gli anticlericali godono a stigmatizzare i presunti dinosauri ecclesiastici. A cosa punta allora la Chiesa?

Ritorno al discorso di prima, che è il fondamento di tutto: se uno accoglie la prospettiva che la vita vera, quella che conta veramente, è quella dopo la morte, è ovvio che tutte le cose di questa vita sono relativizzate all'utilità che hanno per la salvezza eterna. Il sesso ad esempio vale per quanto può aiutare l'uomo a consolidare quei rapporti costruttivi che realizzano il progetto di Dio, ovvero quel destino che è l'unica strada, magari scomoda, che può portare il singolo ad entrare in comunione con Lui dopo la morte. E' chiaro che questo discorso non è accettabile per chi non crede, perchè analizza ogni fattispecie dal punto di vista materiale, della vita che esiste solo qui ed ora. Cambiando il sistema di riferimento dei valori, tutte le circostanze della vita cambiano significato. Si può non condividere questa prospettiva, ma sarebbe importante che gli atei e agnostici ne tenessero conto prima di esprimere valutazioni superficiali.

La terza ed ultima questione che voglio rilevare è il rapporto della Chiesa con la storia. E' giusto valutare la storia della chiesa con tutti gli errori compiuti. Nessuno deve nascondere i preti pedofili, gli ecclesiastici che usavano il potere temporale come mafiosi, i preti pavidi alla Don Abbondio, il papa Borgia e il bagno di sangue prodotto dall'inquisizione spagnola, il supporto religioso alla colonizzazione europea che ha violentato milioni di africani e di amerindi. Tutto il giro di denaro che da più di un millennio gira intorno allo stato della chiesa.

E' facile misurare la distanza di queste esperienza dalla vita modesta di quell'artigiano che predicava duemila anni fa in Palestina, e che ha pagato con la crocefissione la critica del potere religioso del tempo. Il fatto è che la Chiesa è null'altro che la comunità degli uomini che si sforzano di credere, e non sempre ci riescono. Non è una comunità di perfetti, ma di persone che ci provano, e sanno in partenza di non poter essere buoni cristiani con i propri sforzi.

Non so quanto questa notizia sia trapelata fuori dalla comunità dei credenti, ma ora ve la voglio rivelare in tutta la sua rivoluzionarietà: nella dimensione cristiana non ci si salva mai per i propri sforzi nel comportarsi per bene, ma per la fede in Dio, secondo le promesse di Cristo. E' Lui che salva, a prescindere dai nostri risultati. Gratis. Paradossale ma è così. Capisco che ad un non credente tutta la faccenda assomigli ad una colossale truffa: ma come, gente che si macchia delle peggiori porcherie può essere salvata senza merito alcuno!

Invece il problema per i credenti sta proprio nel riuscire ad essere tali. Non è facile credere. Mi piace ricordare una espressione di Carlo Maria Martini che dice che i credenti sono degli atei che al risveglio ogni mattino ricominciano a provare a credere. La fatica di credere è una esperienza che solo chi ha provato può capire. Gli atei e agnostici sono affascinati talvolta dallla figura di Francesco di Assisi, con la sua eroica povertà, e lo prendono spesso ad esempio della autentica etica cristiana. Peccato che la grandezza di Francesco non è stata solo questa, ma nel fatto di non essersi trasformati in un Savonarola. Sarebbe stato facile ergersi sul monte della propria purezza materiale e condannare lo sfascio della corte papale romana del tempo. Invece il nostro Francesco è andato là, e si è inginocchiato di fronte ad un uomo discutibile per la scandalosa opulenza in cui viveva alle spalle del proletariato romano, e ha riconosciuto in quell'uomo un segno della presenza di Dio. Il vero religioso non è quello che cerca di razionalizzare tutto, ma quello che urla a sè stesso: "non c'è niente da capire, c'è solo da adorare!". E dopo aver urlato, si rimette la croce in spalla, e continua ad affrontare la fatica quotidiana di vivere da credente.

Beh, ho messo tanta carne al fuoco, e per ora mi fermo qui, sperando di essere capito, e di avervi aiutato a risolvere qualche fraintendimento.

Post popolari in questo blog

Le piaghe della Chiesa

Manuale dello sposo cristiano - cap. 1

La liturgia del mio matrimonio