La parabola sconosciuta



Chi abita nei paesi a tradizione europea suppone di avere quel know-how cristiano di cui la cultura occidentale ha vissuto dall'editto di Costantino in poi. Una convinzione diffusa che ha indotto Benedetto Croce a scrivere nel 1942 il libello "Perché non possiamo non dirci cristiani".

Così tutti, credenti e non, supponiamo di conoscere il contenuto delle parabole di Gesù, il cui elenco possiamo leggere in (link a wikipedia).

Con sorpresa la liturgia di ieri me ne ha proposto una che non conoscevo, e probabilmente non sono il solo:
Matteo 11. 16 “In quel tempo, Gesù disse alla folla: “A chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,  abbiamo cantato un lamento e non avete pianto."

Non è una semplice metafora, come potrebbe sembrare, è un riferimento implicito ad una storia di cui possiamo solo intuire i contorni: possiamo immaginare una piazzetta di un paese palestinese dell'epoca, in cui bambini giocano. Non sappiamo di preciso le regole del gioco, ma di sicuro alcuni di essi cercavano di intrattenere gli altri, con scarso successo. C'è un dialogo tra di loro, c'è la lagnanza per un accordo tradito.

Non è il caso si far finta di aver capito perfettamente questa critica di Gesù nei confronti  della sua generazione. Non è affatto banale, e la lettura è controversa: c'è chi sostiene che Gesù ci vuole invitare a stare al gioco, ad accogliere il dono che Lui ci fa di sé (esempio);  altri invece interpretano che Gesù criticasse coloro che si consideravano saggi, ma erano come dei bambini che vogliono divertire la gente in piazza e che si ribellano quando la gente non si muove secondo la musica che loro suonano (altro esempio)

Mi convince di più l'interpretazione di Padre Lino Pedron che qui sostiene che "Di fronte a Giovanni che è "più che un profeta" (Mt 11,9) e a Gesù che è il Messia, "questa generazione" recalcitra come dei monelli che si rifiutano di stare al gioco. L'espressione "questa generazione" designa tutti coloro che sono incapaci di udire, di vedere e di giudicare adeguatamente. Gesù rimprovera agli uomini di "questa generazione" di essere come bambini capricciosi che vogliono essere lasciati in pace, che non vogliono essere sollecitati a fare delle scelte. Rifiutano un atteggiamento e anche il suo contrario, criticano una proposta e anche l'altra: e questo è la prova della loro insincerità e della loro cattiva volontà. I canti di gioia che invitano alla danza simboleggiano l'opera di Gesù, la sua comunione conviviale con i peccatori. Le lamentazioni indicano il Battista e la sua vita ascetica. Entrambi hanno incontrato il rifiuto di questa generazione."

Quale che sia quella più corretta, a me piace constatare che ancora oggi, dopo tanti anni che ho il Vangelo in mano, posso trovarvi tesori nascosti, provocazioni a riflettere su di me e sul mondo.

Post popolari in questo blog

Le piaghe della Chiesa

Manuale dello sposo cristiano - cap. 1

La liturgia del mio matrimonio