Dai cristiani mi guardi Iddio...


Aggirandoci in chiesa per le funzioni liturgiche festive, troviamo gente che sussurra, che telefona con il cellulare, che prega per proprio conto fregandosene del ritmo della preghiera comunitaria, che dormicchia.

E per tutta la durata dei riti rimaniamo presi da queste piccole violazioni al dover essere del credente, e le pagliuzze di tutti i nostri confratelli si uniscono nella nostra attenzione, configurando una vera e propria trave che ostacola la nostra esperienza spirituale.

Se poi frequentiamo il gruppo dei parrocchiani o altro, veniamo poi assorbiti dalle mormorazioni tra uno e l'altro, dalla lotta per il micropotere tipica di qualsiasi gruppo di persone. E così la nostra trave spirituale viene ricoperta di pece.

E' quasi più semplice, paradossalmente, frequentare atei e agnostici, perché per essi non ci sono aspettative di riferimento, e quindi ogni comportamento positivo è una piacevole sorpresa.

Frequentare i cristiani mette alla prova la nostra fede: Clive Staple Lewis, nelle sue  "Lettere di Berlicche" al capitolo 2 esamina tutto il meccanismo psicologico che induce ogni fedele a disprezzare il prossimo proprio durante le funzioni religiose.

Avete mai provato ad ascoltare i discorsi dei vostri confratelli? Avete notato quante volte prendono le distanze dalla Chiesa? Quante volte contestano i principi della fede cristiana, più o meno esplicitamente? 
Quante religioni hanno i cristiani?
Tutti contro tutti.

Mormorare contro gli altri è il sintomo di un problema spirituale abbastanza grave.
Presuppone una grave condiscendenza a pensare in modo superficiale, egocentrico, autoreferenziale. A indulgere ad arrogarsi il ruolo di giudici, alla sterile critica. Ma soprattutto presuppone una mancanza di amore verso i fratelli che è veramente mortale per l'anima.

Pensare male del prossimo non è un peccato, è IL peccato. 
Dovrebbe essere la prima chiave di ogni esame di coscienza. 

Giovanni della Croce ci ricorda: saremo giudicati sull'amore.

Paolo si è attardato a dettagliare ai cristiani di Corinto che chi ama ha fiducia di tutti, e tutto scusa, tutto sopporta, mai perde la speranza.

E che non ci sono adempimenti religiosi, preghiere o sacramenti che salvino di per sé, ma che ogni ritualità serve nella misura in cui ci induce a vivere con autenticità la dimensione dell'amore di Cristo.

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