Non per dovere



Il problema della Chiesa, fin dalle sue origini, sta nel fatto di riuscire a gestire insieme la conservazione viva dell'autentico messaggio di Cristo, e la propria organizzazione.

Se la Buona Novella è un messaggio breve, essenziale, sostanziale che parla direttamente al cuore di ogni uomo e propone un particolare rapporto di donazione gratuita di sé agli altri e un abbandono totale alla volontà di Dio, l'organizzazione di una comunità invece paga una complessità di rapporti che dipende dal numero dei  partecipanti, dalle loro attitudini e dalla loro cultura.

I primi documenti scritti del cristianesimo sono le lettere di Paolo. In esse troviamo che spesso l'apostolo si rivolge alle comunità che aveva fondato censurando le deviazioni e indicando i giusti modi di condursi.
Ogni comunità viveva esperienze di carrierismo interno e di compromissione morale. 
Nella prima lettera a Timoteo ad esempio leggiamo: 
"1Timoteo 3:2 Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo."
Insomma, niente di scontato. 

E poi l'esigenza di pregare insieme, e di amministrare i sacramenti, ha creato una tradizione ultra-millenaria di forme, condizionate tanto dalla base culturale che oggigiorno tra una messa di rito orientale e una nelle missioni africane o sudamericane c'è un abisso. Ma si parla di forma, non di sostanza.

Il rischio che la Chiesa corre da sempre, è che le regole di organizzazione e le forme rituali diventino protagoniste della comunità, e che il fuoco della Buona Novella venga recluso in un'inaccessibile gabbia d'oro.

In altre parole,  il rischio è che una comunità nata in opposizione ad un vuoto ritualismo ebraico, cada nello stessa trappola. Cosa che è avvenuta ed avviene purtroppo sovente.

Quando chi deve testimoniare la fede alla comunità comincia ad irrigidirsi in un "tu devi", si comincia a scendere la china del fariseismo.

Il messaggio originale dice: "Giovanni 13:34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".

Allora la dimensione della fede coincide con la dimensione dell'amore.
E nell'amore non c'è spazio per il dovere.

Se io amo una persona, non faccio le cose per lei e con lei perché devo, ma perché la amo, e voglio servirla.
Se dico a mia moglie che "devo" baciarla, lei giustamente si offende. 
L'amore non è sotto contratto. Tutti i giorni amo mia moglie, e non perché mi sono impegnato a farlo vent'anni fa.

Quindi se uno va a messa perché deve, va a confessarsi perché deve, fa quello e quell'altro perché deve, può lasciare perdere. Anzi, deve lasciar perdere. Perché è uno snaturamento del rapporto, non è il modo in cui vuole essere accolto Dio. L'unico modo di essere credenti è amarLo, non fare quello che gli si deve.
La morale cristiana è fare le cose per amore e con amore. Altrimenti non serve.

E il problema della Chiesa è che spesso non riesce a trasmettere questo messaggio. Né dal pulpito, né nei rapporti individuali. In questo è la sfida nel vivere nella comunità, che sia la parrocchia o qualsiasi movimento religioso: ricondurre l'organizzazione alla dimensione autentica del Vangelo, contrastare la deriva autoritaria e gerarchica. Stimolare la percezione di essere tutti in cammino verso la perfezione evangelica, sullo stesso piano: Papi, vescovi, preti e fedeli. E di doversi aiutare tutti in questo cammino, nell'amore e nella correzione fraterna.

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