Circondato dall'inferno.



Estate. Notte. Aria afosa. Finestre aperte (con la zanzariera).
Voci si infilano nella camera da letto.
Urla disumane. Bestemmie. Liti.
Un inferno che sembra lambire il perimetro della mia casa. 
E mi danno l'impressione di navigare in un mare di pece.
Nel dormiveglia, mi sento minacciato dall'incubo di tante vite lacerate dall'odio, dalla mancanza dei valori della civile convivenza, dall'assenza di un senso esistenziale.
E la mattina ne vedo le tracce nelle bottiglie rotte sulla strada, nelle scritte oscene sui muri, nella spazzatura sparsa, nel puzzo di orina sui marciapiedi.

C'è un mondo di zombie intorno a me. Gente che vive o si lascia vivere, che combatte per il nulla e contro il nulla, che rifiuta l'idea della vicinanza di Dio.
Ci sono mille cose per cui disperarsi: la gente è afflitta per i soldi, per il potere, per i propri vizi, per il desiderio di possesso dell'altro.

E per fortuna la malattia fornisce lo spunto per ridimensionare tutti gli altri problemi.
Ma non basta, perchè non è con il mito di una salute recuperata che la gente può tornare alla vita.
Limitarsi ad una sensibilità per la salute materiale non è ancora svincolarsi dalla morte dell'anima.
Si vive, magari recuperando un pò di salute e pensando di averla scampata ancora una volta, ma si è ancora rimasti zombie, morti nello spirito che camminano.

Attenti noi, che ci commuoviamo per la sofferenza fisica del prossimo, e chiudiamo gli occhi alla voragine in cui vengono trascinate molte anime.

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