Nella sofferenza

Nella sofferenza bisogna stare.
E' una dimensione irrinunciabile della condizione di questo mondo.
Ognuno la affronta a suo modo.
C'è chi abbozza, c'è chi si ribella.
Si aspetta che passi.
O passa lei o passiamo noi.

Ma abbracciare la sofferenza è un livello di esistenza superiore.
Roba da eroi e santi.
Accogliere la sofferenza non può essere una scelta facile o banale.
Occorre avere una forte convinzione sul senso della sofferenza.
Per chi crede nel caso è impossibile.

La sofferenza è la dimensione della crescita, per chi sa coglierne i frutti.
Leviga anime dure come il diamante.
Ti chiede di rinunciare alla spinta verso il benessere, verso il consumismo, ai tuoi desideri.
Ti riporta all'essenziale.

Nella sofferenza a volte non puoi far nulla, ma a volte devi mantenere le attività lavorative come se nulla fosse. Non sempre è possibile prendersi una pausa.

La sofferenza è un sacrificio che subiamo passivamente, ma possiamo offrire a Dio attivamente.
Possiamo cogliere la dimensione dell'esilio terreno, e aspettare la dimensione in cui non ci sarà sofferenza, in Cielo.

La sofferenza è un sacrificio da offrire per chi è lontano da Dio.
L'unica cosa buona che possiamo fare in questa vita è aiutare qualcuno ad avvicinarsi a Dio.
E' più importante di qualsiasi aiuto materiale che possiamo tentare.
Alla fine, conterà solo questo, la salvezza dell'anima.
Non importerà più quanti soldi avevi, le cose, le esperienze.
Conterà solo se sei o se non sei con Dio.
E se hai provato ad aiutare il prossimo a salvarsi.
L'aiuto migliore per il prossimo non viene dalla proposta dialettica di una catechesi, ma dalla preghiera unita al sacrificio personale.
La sofferenza è il tuo tesoro, non sprecarla.

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