La teologia del piacere

Anche quest'anno ho ricevuto il dono di Dio degli esercizi spirituali con il Movimento liturgico giovanile in Val di Susa. 
Come sempre, non trovo le parole per descrivere il piacere di questi giorni di silenzio nella calda cornice naturalistica delle nostre Alpi. Mi sento un po' come una monaca di clausura che debba spiegare alla gente del mondo che la sua scelta non è stata un'amputazione, ma la scoperta del luogo giusto dove stare bene.
Chiaramente, non basta la montagna e non basta il silenzio. Il cocktail funziona solo con i giusti stimoli, ovvero momenti di preghiera condivisa, e per condivisione non intendo affatto il fatto di essere insieme e sincronizzare la voce, ma la forte sensazione di essere un team in comunione tra noi e con Dio. E poi, ci vuole un santo predicatore, che ti tocchi laddove sei più sensibile e hai bisogno di chiarimenti per la tua vita. Lui parla al gruppo e tu cogli veramente le cose di cui sentivi bisogno, e ti guardi intorno stupito, chiedendoti "dice proprio a me?".
In quei momenti, senti che non vorresti essere in nessun altro posto nell'universo, che sei esattamente dove Dio ti voleva.
E poi quest'anno si è ragionato sul piacere. Argomento tabù o perlomeno insolito per degli esercizi spirituali.
Piacere fisico, tra demonizzazione e idolatria.
Nel mondo in cui viviamo c'è proprio di tutto, da quelli che sembra che abbiano schifo a stringerti la mano, a quelli che vorrebbero vederci distruggere in un vortice di abusi. Tra quelli che odiano il proprio corpo e si fanno venire l'esaurimento dietro ai rotondini di ciccia, e si distruggono in diete impossibili tra attacchi di anoressia e bulimia, e quelli che sembrano vivere solo per soddisfare il proprio corpo. E tanti genitori che per i propri figli desiderano solo che siano appagati in tutto, come se il senso della vita si riducesse a godersi tutto quello che si può prima di crepare.
Finzioni, illusioni, una brama di un piacere che continuamente diminuisce. Eternamente condannati alla sazietà, all'appagamento, all'indigestione.
Finché uno non scopre la propria dimensione spirituale non può gestire bene la propria fisicità.
Il piacere fisico è ottimo servo e pessimo padrone. Anche quello immateriale, come i sentimenti. Innamorarsi è una passione fisica, non spirituale. Ottima, stimolante di forti emozioni, ma fisica. È bello innamorarsi, ma  è distruttivo essere dominati dall'illusione, dalla nostra idea della persona che sembra essere il nostro tutto. L'innamoramento è effimero, mentre l'amore è eterno. E la coppia non vive di sola dimensione fisica, anche se oggigiorno siamo attorniati di gente che vive una serie di "storie" sentimentali immediatamente nell'unione fisica. E poi il vuoto, e la ricerca di un'altra persona da usare.

Il mondo ci propone le sue soluzioni: se il matrimonio ti viene a noia, divorzia; se la salute non ti permette più di godere della vita, cosa c'è di meglio dell'eutanasia. Se non c'è più piacere, cosa si vive a fare?

E Cristo, cosa propone? Storicamente, era un uomo che dava scandalo. Non per i miracoli, non per i bei discorsi edificanti, ma perché non si era mai visto un presunto profeta così propenso ai banchetti con gli amici. E qualcuno glielo rinfaccia (Mt 11,18), altri chiedono come mai non si digiuna (Mt 9,14ss).
È lui risponde con il discorso dei tempi di Dio, che si collega all'antico insegnamento del Qoelet (Ec 3).
C'è un tempo giusto per ogni cosa. C'è il tempo per il piacere e il tempo per la penitenza. Se fai festa tutti i giorni, come farai a sentire la gioia di una festa che arriva. Una volta la gente si faceva i regali a Natale, oggi possiamo farcene tutti i giorni, e ci lamentiamo che non sentiamo più lo spirito del Natale; una volta la domenica era fatta di tanti piccoli riti simbolici, che tutti insieme davano ai ns. genitori il senso della festa, il giorno in cui c'era un menù speciale, ci si vestiva con quanto di più bello si aveva. Abbiamo perso tutto, non ci rimane che lavorare anche di domenica, come molti fanno. Magari non vanno al solito posto di lavoro, ma lavorano in casa in faccende domestiche e simili. Schiavi consenzienti. Erano scemi quelli che sapevano santificare le feste. 

La proposta di Cristo, e della Chiesa è: rinnegare sè stessi, ovvero non seguire la propria volontà, ma quella di Dio. Egli non ci vuole vedere in giro con il viso triste. Ci dona momenti di piacere e momenti di sofferenza. E noi ringraziamo per gli uni e per gli altri. Grazie per questo dolce sopraffino che ci troviamo oggi sulla tavola, per la compagnia di questa persona fantastica, per questo magnifico panorama, per il sole, per il mare e per la montagna. Grazie anche per la malattia, la solitudine, il lutto. Tempi, tempi di Dio! La felicità è essere dove Dio ci vuole, non dove vogliamo noi. La felicità non dipende dal conseguimento del piacere. Sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra.

La verità è che noi non sappiamo organizzarci la vita. Quelli che si illudono di avere tutto nelle proprie mani, fanno come quei marinai, che si ammazzano di lavoro per mare, e poi si distruggono negli stravizi a terra. Ho conosciuto gente molto benestante che sapeva solo lavorare, e non riusciva a concedersi il tempo di recupero. Io invece riesco ad avere tempo libero, ma sono così sciocco da disperderlo in panciolle così che se mi chiedi cosa ho combinato, devo ammettere: "nulla...".
E invece Dio ci vuole realizzati anche nel tempo libero. Lo svago, l'evasione non sono male, ma sono finalizzati a recuperare le energie per fare bene nell'attività quotidiana di servizio al nostro prossimo. Quando siamo dove Dio ci vuole ci sentiamo veramente bene.

E concludo questa riflessione ritornando a bomba: ragazzi, questi esercizi spirituali sono una figata. No, non faccio a cambio con nessuna crociera, nessun parco di divertimenti! 😄






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