Il peccato è un falso problema

Il peccato, inteso come atto di allontanamento dalla volontà di Dio, è la categoria fondante dell'etica cristiana; ma ho il sospetto che la prospettiva di Dio sia diversa da quella comunemente intesa.

Generalmente si intende che se uno ha peccato senza assoluzione non può entrare nel regno dei cieli.
E così diversi santi si sono fatti martirizzare pur di evitare il pericolo di dannazione eterna.

Tuttavia mi sorge l'ipotesi che il giudizio di Dio si fondi piuttosto sulla relazione che sugli atti peccaminosi. 

In altre parole, l'assenza del peccato come atto non potrebbe non essere sufficiente, ma neanche necessaria. 

La relazione con Dio o è reale, concreta, effettiva, quotidiana, o non è. Non può consistere in pratiche formali. Nessuna funzione o rito può sostituire una relazione vera. Vera nella preghiera, vera nell'affidamento alla Sua volontà piuttosto che alla nostra, vera nel rapporto con gli altri. 

Il peccato, qualsiasi dei 7 vizi capitali riguardi, non è un ostacolo per chi confida nella misericordia divina. Nessuno si può salvare per la propria irreprensibilità. 

Solo Dio salva. 

E salva chi è in relazione, non chi è più bravo degli altri. Lo si può desumere dalle parabole evangeliche: contavano i peccati del figliol prodigo? 
No, solo la relazione con il padre contava!

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